Le DONNE della REGIONE Appennino

pubblicato il: 19/09/2015

Le DONNE della REGIONE Appennino

La Visione Femminile della terra e delle future generazioni

Gabriella Biasoli
Giordano Bricoli
Salone degli Stemmi
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Una pagina dedicato a chi c'era, per riguardarla ogni tanto ... soprattutto quando sembrerà tutto troppo difficile per noi che in fondo siamo solo piccole donne sperdute in un grande territorio ... ricordiamoci, allora, che non siamo sole ...

Quanta umanità, creatività e anche genialità è stata espressa il 19 Settembre 2015 nel Salone degli Stemmi del Castello ... una enorme energia positiva che non potrà non avere effetto ... pensiamo a quale influenza ancora oggi ha l'amore che 600 anni fa Pier Maria ha celebrato per Bianca costruendo per lei il Castello di Torrechiara !

Una pagina dedicata anche a chi non ha potuto essere con noi, per condividere momento per momento la semplice e vera bellezza di una giornata lunga e senz'altro anche faticosa, sicuramente destinata a portare buoni frutti.

Presto pubblicheremo qui tutti gli interventi scritti che ci sono pervenuti e che ci arriveranno, perchè il 19 settembre 2015 sia solo il giorno di inizio ..


Ringraziamo la RETE Appennino Parma Est per l'organizzazione,  il POLO MUSEALE dell'Emilia Romagna per averci ospitato in Castello e il Comune di Langhirano e la Camera di Commercio per il patrocinio e il contributo.

 

 

 

 

 


 

19 SETTEMBRE  2015 -

Immagini e Parole per dare vita alla Regione APPENNINO 

 

IMMAGINI 

le foto della Gallery sono state scattate da tante donne, grazie a tutte !

QUESTO frammento di video della Sfilata TESSITURE Handmade in Vairo since 1900 è di Anna Kauber

 

PAROLE 

non tutte le parole potranno essere qui riportate, ma lo saranno tutte quelle arrivate in forma scritta a sintetizzare gli interventi 


 

Le Alpi del Mare

Laura Amoretti – Consigliera di Parità  Provincia di Imperia

L’entroterra ha sempre rappresentato una grande risorsa paesaggistica e culturale, oggi è ancor più evidente come sia anche una risorsa economica bisognosa di visibilità, vivibilità e sostenibilità.

Negli ultimi anni le scelte ecocompatibili dei comuni dell’entroterra hanno segnato un passaggio importante creando un volano per l’economia dell’intera provincia non più focalizzata solo sulla costa, promuovendo azioni che valorizzano e a sviluppano le aree a rischio di isolamento, spopolamento, ma capaci di innovazione, radicata nella tradizione. Quest’ultima diventa motore di una nuova cultura di fare impresa, legata al saper fare delle donne, identità culturale e memoria, ingredienti fondamentali per rilanciare l’economia dell’entroterra. Ma le donne in questo percorso non possono e non devono essere lasciate sole. È proprio ora che la sostenibilità dello sviluppo territoriale venga retta dal connubio pubblico e privato.

Quest’ultimo ha trovato concretezza in una parte dell’entroterra della provincia di Imperia, dove Comune e Ufficio di Parità attraverso la pubblicazione del libro “Il Bianco della Cenere” hanno voluto riscoprire la cultura, le tradizioni, i lavori femminili di ieri e di oggi per promuovere lo sviluppo sostenibile del territorio. E’ un viaggio nella memoria degli abitanti, che intreccia le storie di vita con le antiche ricette della Cucina Bianca, la cultura gastronomica dei pastori dell’Alta Valle Arroscia e delle terre occitane; una riscoperta del passato che diviene base per promuovere una nuova economia.

Il testo è anche il risultato di un lungo cammino intrapreso dal Comune di Mendatica, che da anni promuove azioni di politica occupazionale sul territorio attraverso l’organizzazione di eventi (Festa della Cucina Bianca e Transumanza), che a loro volta creano economia facendo conoscere i prodotti che sono alla base dei piatti, preparati con latticini, farinacei e ortaggi delle aziende locali. La riscoperta delle ricette ha incentivato il recupero dei terrazzamenti per la attuale coltivazione di grano, granoturco, aglio di Vessalico, patata e della produzione della toma di pecora Brigasca. L’Amministrazione ha inoltre incentivato lo sviluppo sostenibile dell'economia agro-alimentare rafforzando un sistema produttivo integrato, valorizzando le risorse e le vocazioni territoriali, favorendo così le aziende al femminile.

Dal Comune di Mendatica è stata ripresa la Strada della Cucina Bianca associazione che comprende altri 4 Comuni.


MARIA RAMELLA

VICEPRESIDENTE COOPERATIVA DI COMUNITA` BRIGI` MENDATICA

 

Il legame con la tradizione e l’amore per il mio territorio sono stati gli elementi fondamentali per creare le basi per la cooperativa di comunita`Brigì, che nasce dall’esigenza di mettere a sistema e implementare le varie attività e iniziative turistiche e non, avviate dalla proloco e dal comune di Mendatica.

Dopo il percorso di studi di ingegneria edile a Milano ho scelto volontariamente di ritornare in liguria, consapevole che per me la vera scommessa non era ne andare all’estero o trovare una sistemazione in una metropoli,  ma decidere di fermarmi a Mendatica, un paese di 100 abitanti, per vivere in una reale comunita` con tradizioni e una cultura secolare e cercare di utilizzare questo immenso patrimonio immateriale come valore aggiunto per la nostra iniziativa; così abbiamo fondato una cooperativa con l’idea di fondo di creare occasioni di lavoro all’interno della comunità, grazie ad una costante e collettiva attività di volontariato e  di partecipazione comunitaria.

La convinzione che l’entroterra sia una ricchezza turistica ed economica e che sia necessario ripopolare e rivitalizzare i borghi è ormai un dato di fatto, ma il meccanismo che può portare ad una concretizzazione di questi obiettivi lo si può trovare solo all’interno di queste stesse comunità; in un paese anche se quasi spopolato si percepisce un’incredibile ricchezza  culturale, fatta di racconti, ricordi, tradizioni e miti, che già solo nel modo di  tramandarsi da generazione a generazione riporta l’intera collettività a una dimensione umana, basata sul sistema famigliare, sui rapporti interpersonali, su gestualità e riti, che creano un modello di vita, di economia e quindi di sviluppo sostenibile.


Italian Dream: l’innovazione racconta la tradizione del territorio

 

Presentato da Martina Verduri e Manuela Chierici, studentesse dell’indirizzo economico dell’Istituto Superiore “C.E. Gadda”-Langhirano

Il progetto Italian Dream presentato da due studentesse dell’indirizzo economico dell’istituto “C.E.Gadda “di Langhirano, rappresenta una proposta di start up per uno sviluppo sostenibile del territorio. La lunch box ideata dagli studenti racchiude tutta la prestigiosa ed antica tradizione alimentare delle terre dei Parchi dell’Appennino e la ripropone in chiave innovativa e pratica. Quest’idea-prodotto vuole rappresentare un contributo ed mezzo per spiegare le ricchezze alimentari e turistiche del nostro territorio all’estero. L’obiettivo di Italian Dream è quello di offrire non solo un assaggio delle specialità alimentari esclusive che da secoli vengono prodotte nell’Appennino, ma anche di veicolare le immagini del Parchi del Ducato ed attrarre turisti consapevoli che potranno contribuire a  generare ricchezza economica per le future generazioni che decideranno di abitare e vivere l’Appennino.

 


 Giovanna Tanzi per Associazione Sacreterre

 

 

L'ESPERIENZA DI SACRETERRE PER LA CURA DELLA TERRA E DELLE FUTURE GENERAZIONI.

 

 

Mi chiamo Giovanna Tanzi e sono qui per parlare dell'esperienza di Sacreterre, un luogo, un progetto e un'associazione di promozione sociale.

L'esperienza di Sacreterre, sorta dalla necessità di curare i problemi della frammentazione della società e dell'individualismo attraverso la creazione di una comunità residenziale e il cambiamento di stile di vita e valori, inizia con il trasferimento dalla città all'Appennino, luogo che si è ritenuto idoneo in quanto depositario di saperi e saggezze antichi.

Ma ciò che è accaduto va molto oltre il progetto iniziale.

Spostare il proprio domicilio in un'area non urbana appenninica, avendo vissuto da sempre nella città, comporta un resettaggio completo della propria percezione e visione del mondo che sorge dalla necessità, anche di sopravvivenza, di ampliare l'attenzione e l'ascolto della natura da cui siamo circondati.

Questo è stato un grande insegnamento in particolare per le donne della associazione: il contatto con la terra, la cura dell'ambiente naturale, il vivere direttamente la trasformazione dovuta ai cicli della natura, la presenza tutt'intorno del mondo vegetale e animale, ha risvegliato una connessione profonda con la sacralità della vita in tutte le sue forme e la consapevolezza di un sapere antico ed una connessione con la natura, che si è tramandato di madre in figlia fino ad essersi interrotto con la separazione della vita sacra dalla quotidianità. Tutto questo è il patrimonio perduto delle donne.

Noi ci siamo sentite chiamate ad esplorare questo mondo sommerso e a provare a recuperare questa connessione, in particolare attraverso le celebrazioni: celebrazione dei cambi di stagione, delle fasi lunari, tutti gesti rituali e di preghiera, in grado di ricreare in parte quella connessione che è andata perduta, quel filo interrotto della sapienza femminile.

Questa attività ci ha portate a spostare l'attenzione, relativamente ai problemi delle donne nella società, su quelle che sono le qualità intrinseche del femminile e a farci l'opinione che se noi donne ci riappropriamo e ri-accettiamo di integrare e vivere le qualità che ci vengono dalle nostre antenate, allora davvero potremo avere un grosso impatto di cambiamento sulla società e sulle future generazioni.

Oggi l'interesse sui temi del femminile si concentra per lo più su tematiche legate alla parità di opportunità nel mondo del lavoro, sulla quantità dei posti di potere che occupano le donne, sulla conciliazione vita-lavoro...certo, tutti aspetti che riguardano da vicino le nostre vite.

Tuttavia, noi riteniamo che continuare a riflettere solo su queste tematiche non sia sufficiente per ottenere un cambiamento. Occorre “ampliare la visione”, includendo nella riflessione e portando all'attenzione generale tutto quel femminile meno visibile, tutte quelle qualità che sono profondamente intrinseche nella nostra natura e che troppo spesso negli ultimi decenni sono state dimenticate, ignorate o private di valore. 

Noi riteniamo che se vogliamo incidere profondamente sulla qualità del futuro dei nostri figli sia necessario un modello sociale, culturale ed economico che ci consenta di riappropriarci della centralità dei bisogni dell'essere umano; un modello fondato su valori quali spiritualità, solidarietà, mutualità, supporto, rispetto, cura; un modello che onori tutte le forme di cura materna, che celebri, protegga, nutra i bambini e gli anziani; un modello in grado di far fronte a molte problematiche oggi presenti nella comunità, come la solitudine delle madri nell'accudire i figli, l'isolamento delle famiglie stesse e degli anziani.

Un modello e un sistema di valori che non possono essere sostenuti da una visione che non tiene conto di quella che è la specificità della natura femminile. 

L'Appennino è un contesto territoriale e sociale che si presta per sperimentare e portare avanti riflessioni e azioni in linea con tale visione.

Noi chiediamo che a livello amministrativo venga data rilevanza a questo tipo di approccio, attraverso il riconoscimento ed il sostegno ad un programma culturale divulgativo e formativo su queste tematiche che parta dai contesti educativi del territorio.


 

Sara Manferdini, Langhirano PR

CENTRO CULTURALE TORRECHIARA: una casa per tutti sotto al castello 

 

C’era una volta una bellissima grande casa proprio sotto al castello di Torrechiara…una casa accogliente sempre calda anche d’inverno perché situata proprio sopra a una scuola. Purtroppo però nessuno la utilizzava per mancanza di fondi e di energie.

C’era anche nei dintorni un gruppo di donne coraggiose e appassionate che si misero a pestare i piedi e con tutto l’entusiasmo di cui erano capaci si diedero da fare per farsi dare quella casa in gestione. I loro sforzi furono premiati e nacque così il Centro Culturale di Torrechiara a disposizione delle Associazioni del Territorio e di chiunque voglia impegnarsi per farlo vivere.

Un sogno che si realizza da consegnare nelle mani di altre donne (e uomini) e alle future generazioni.

Io sono una di quelle donne che lo hanno ricevuto in dono e da qualche tempo mi occupo di accogliere le proposte che ci arrivano e di incastrarle e organizzarle come solo una donna può fare. Dalle nostre riunioni sempre più sentite e partecipate sono nate tante amicizie, reti di scambi, un gruppo di acquisto solidale, un tentativo di banca del tempo e tante bellissime idee: c’è una appassionata di arte che ci ha fatto un bellissimo dipinto sul muro e in cambio ha ricevuto la stanza a disposizione per svolgere corsi di creatività per bambini, c’è una mamma che si è messa a disposizione per insegnare psicomotricità ai più piccoli chiedendo solo piccoli contributi alle famiglie, un’altra che insegna lo yoga alle mamme e ai neonati perché spesso le neomamme non hanno spazi di aggregazione adatti alle loro esigenze, c’è anche chi usa gli spazi per festeggiare il compleanno o per promuovere la propria attività, è nato un Centro estivo per permettere ai bambini di divertirsi d’estate in un luogo sicuro mentre i genitori lavorano, un gruppo su facebook per favorire l’incontro tra domanda e offerta di vestiti e attrezzature per bambini tra le mamme del territorio e ci sono tante donne che si danno da fare dietro le quinte per tenere la nostra casa pulita e ordinata.

L’anno scorso è stata anche costruita, grazie al lavoro e ai risparmi di anni, una piattaforma elevatrice perché finalmente tutti possano accedere al Centro situato al primo piano.

Il nostro prossimo sogno è quello di poter tenere questa grande casa sempre aperta  ma purtroppo per ora non abbiamo ancora le risorse sufficienti né come volontarie né per poter pagare un addetto..ma qualcosa senz’altro ci inventeremo per far continuare questa bellissima favola!


Antonella Ruggero, Appennino parmense

Mi chiamo Antonella e mi occupo di discipline bio-naturali. Faccio Trattamenti shiatsu e di riflessologia plantare. Insegno QIGONG SALUTISTICO, una pratica nata in estremo oriente, definita “Arte di Lunga Vita”, allena il movimento corporeo nell’ascolto profondo di se stessi. Spesso queste tecniche vengono denominate “ginnastiche dolci cinesi”. 

Arte di lunga vita dunque, perché riattiva la naturale capacità del corpo di autoguarirsi, rinforza il sistema immunitario, placa la mente e nutre le energie che sono fondamento della vita. In oriente viene usato da millenni come prevenzione e cura di sé. Un metodo naturale e autonomo per stare bene. Mi sento un po’ pioniera di questa disciplina che rimane ancora non molto conosciuta da noi in occidente.

Per molti anni ho abitato e lavorato in città, a Parma, e una volta trasferita qui, ai piedi di questo bellissimo castello, ho continuato ancora per diverso tempo a lavorare come impiegata e a godere di queste bellezze solo al mio rientro, alla sera o nel fine settimana. 

Nel 2007 ho voluto provare un’alternativa a un lavoro che da qualche anno non corrispondeva più al mio sentire e al mio modo di essere, così, sotto la spinta della passione, ho scelto di fare una scommessa sulla mia vita lavorativa dedicandomi a tempo pieno alle discipline bio-naturali.

Ho iniziato a proporre i miei corsi, sul territorio in cui vivo, per il desiderio di essere presente qui, conoscere meglio le persone che mi vivono intorno e condividere con loro le mie conoscenze. Così ho scoperto, con immenso piacere, che c’era l’esigenza di approcciarsi a questa pratica meditativa e che soprattutto le donne hanno risposto all’invito. Ho capito quanta più voglia abbiano le donne, rispetto agli uomini, di sperimentare, di ricercare, di mettersi in gioco e di trovare una nuova via. Ho capito che abbiamo voglia di imparare ad ascoltarci, a conoscerci e rispettarci, più di quanto non sia mai stato fatto. E così, incontro dopo incontro, scopriamo la forza delle nostre debolezze, la consapevolezza della nostra forza, ma anche, semplicemente, il piacere di praticare perché ci sentiamo bene. Il piacere di ritrovarsi insieme, di dire qualche battuta e di ridere per la propria goffaggine, per poi scoprire che in poco tempo il corpo si ammorbidisce, le articolazioni rispondono meglio e quel movimento che sembrava così difficile da coordinare tutto assieme, riesce ora con così tanta facilità e con un’armonia… mai provata prima. Piccoli o grandi progressi, non importa, che qui nessuno ti giudica, perché quello che conta più di tutto è il cambiamento che riesci a percepire dentro te stessa.

Si imparano semplici tecniche di automassaggio che aiutano a risolvere i piccoli malesseri che ci appartengono, semplici movimenti di mobilizzazione del corpo che aiutano a sciogliere le tensioni muscolari e piano piano impariamo a mantenerci autonomamente in buona salute.

Nei miei corsi in città, sono abituata ad avere impiegate, studentesse, casalinghe, insegnanti e pensionate, ma arrivata qui ho trovato anche donne che come mestiere lavorano la terra; sono venute la prima volta per curiosità e forse, per la prima volta hanno scoperto il piacere di fare qualcosa per se stesse e per la propria cura, ritrovando contemporaneamente quel sapere antico che le guida nella loro giornata lavorativa.  Alle mie signore che lavorano in campagna, sicuramente non dico nulla di nuovo quando suddividiamo le nostre pratiche di Qigong seguendo i ritmi stagionali, quello che sto proponendo in quel momento lo hanno già imparato dalla terra che coltivano, dagli animali che allevano, lo sanno da sempre e le loro conoscenze si rispecchiano nella pratica.

Questa disciplina orientale antichissima ha attraversato i millenni ed è giunta fino a noi per riportarci la consapevolezza del Qi, il Soffio Vitale, che permea tutte le cose. Questo è il mio piccolo ponte fra oriente e occidente, la mia piccola proposta di glocalizzazione, come direbbe Bauman.


Rachele Grassi, Archeologa e coltivatrice di Zafferano

Sono nata a Carrara, ma la famiglia di mia madre ha sempre avuto un forte legame affettivo con il piccolo borgo di Montemiscoso, in Appennino reggiano, da dove emigrò la mia tris-nonna nell’800.

La famiglia di mia madre ha continuato a frequentare il paese ed i suoi abitanti, trascorrendo ogni anno la villeggiatura in quella piccola comunità, così abbiamo fatto anche io e mio fratello. Ogni anno finita la scuola partivamo per 3 mesi a Montemiscoso, dove potevamo vivere giocando con gli altri bambini del paese in modo libero, nei campi o nelle stalle, tra le pecore, le mucche e i cavalli al pascolo.

Si è così sviluppato anche in me questo legame forte con la montagna reggiana, con il paese della mia antenata e con i suoi paesaggi e panorami che spaziano fino alla pianura.

Nel tempo, ho deciso di studiare Archeologia, seguendo una passione che mi accompagna fin da piccolissima, si è creato così un ulteriore legame con il crinale reggiano, perché ho deciso di studiare come tesi di laurea proprio alcuni siti archeologici dell’alta val d’Enza, una decisione presa a partire da uno dei luoghi in cui andavo a giocare fin da piccola: le rovine di un antico castello, a poche centinaia di metri dal paese. Il luogo dei giochi tra antichi muri in sasso e delle leggende raccontate dagli anziani del paese, è così diventato luogo di studio e di ricerca.

Ho iniziato lo studio di alcuni siti archeologici e del casato Vallisneri che mille anni fa dominava le valli reggiane al confine con la Toscana. Uno studio complicato, perché i siti sono tutti in rovina e i documenti scritti sono pochi, dato che nessuno studioso aveva approfondito questi studi, se non in modo sporadico.

La voglia di chiarire la storia di quei luoghi, che per me erano diventati così importanti, ha fatto sì che decidessi di trasferirmi proprio a Montemiscoso, e che iniziassi un percorso di studi che ha avuto la discussione della tesi di Laurea come primo traguardo, ma va avanti ancora oggi, con pubblicazioni di diversi volumi e scavi archeologici veri e propri nel sito del castello di Montemiscoso. Ho scoperto una storia antica, lunga ottocento anni, che partiva dai Longobardi, parlava di Matilde di Canossa e dei Ducati di Parma e Reggio arrivando fino a Napoleone Bonaparte.

La soddisfazione maggiore è stata quella di contribuire a restituire l’amore per il proprio passato e per la propria storia e persone che non la conoscevano e vedere che nuove iniziative nascono e vengono portate avanti.

Osservando il territorio poi, ho iniziato ad avere la consapevolezza dell’importanza di portare avanti anche attività agricole, perché i terreni in abbandono sono ormai la maggior parte, dato che lo spopolamento dei paesi è diventato un fenomeno imponente negli ultimi decenni. L’agricoltura in montagna è possibile, oggi si possono studiare prodotti ed essenze adatte al clima e alla zona, può diventare una risorsa in un ambiente in cui comunque bisogna considerare che è il ritmo naturale a farla da padrone.

Uno dei miei fiori preferiti è sempre stato il croco selvatico, che cresce subito dopo lo scioglimento della neve e di nuovo in autunno, prima che la neve ritorni. Bene, da una varietà di questo fiore che avevo visto coltivare negli anni passati in Sardegna, si ricava lo zafferano. Così, insieme ad un amico che condivideva con me la stessa idea, abbiamo deciso di dare il via ad una coltivazione sperimentale di zafferano.

Si sono uniti a noi altri due compaesani e abbiamo cominciato quest’altra avventura, sperimentando questa coltivazione suggestiva e molto laboriosa, una coltura che richiede tempo e pazienza, che però dopo 4 anni ci sta portando buoni frutti, confermati anche dagli studi delle Università di Parma e di Bologna che ci seguono.

Pur non essendo una coltura tradizionale, il croco si è adattato ai nostri appezzamenti a quota mille metri sul livello del mare e le analisi in laboratorio ci hanno fornito valori ottimi per la qualità del prodotto, uno studio portato avanti dal CNR dell’Università di Bologna ha addirittura posizionato il nostro zafferano al secondo posto a livello nazionale per le proprietà organolettiche, tra campioni arrivati da molte regioni italiane e da realtà in cui lo zafferano si coltiva da decenni. Questa soddisfazione ci fa superare anche i momenti negativi, dandoci la motivazione per andare avanti coinvolgendo, se possibile, anche altre persone nel nostro progetto.

Dopo undici anni di vita in montagna, sono convinta che vivere in Appennino sia possibile, che garantisca una qualità di vita altissima e che possa essere un’opportunità per molte persone, se si superano quegli standard che hanno dominato per decenni i modelli di vita e se si è disponibili anche ad organizzare le proprie giornate partendo dall’osservazione di quello che ci sta intorno. Oltretutto, oggi abbiamo la tecnologia che ci aiuta.


Marina Cattabiani, operatrice dell'accoglienza

“Le scelte importanti della vita si fanno con il cuore.”

E’ la frase di un carissimo amico, e la cito spesso perché, per paradosso, questo amico è una vera “mente scientifica”, razionale e logico all’inverosimile. E se dunque lo dice lui…

La scelta di lasciare la città e trasferirsi in collina e montagna non è stata una scelta decisa solo col cuore, ma diciamo che “il cuore ha avuto l’ultima parola”, quella che ha fatto mettere in pratica la scelta.

Una scelta è sempre frutto di diversi fattori, può derivare anche da una crisi, da una “frattura”, da desiderio di cambiamento, da insoddisfazione, oppure dalla voglia di realizzare un sogno, di avanzare nuovi progetti. Ci stanno tutte queste variabili e tante altre ancora.

Cosa mi ha spinto a vivere in questi luoghi dividendo la mia vita quasi esattamente a metà fra due paesi che non hanno neppure, nessuno dei due, un negozio, nemmeno quello classico e indispensabile degli alimentari, del “bottegaio”, come si diceva una volta ? 

Due paesi piccoli : Stadirano, su queste splendide colline, e Valditacca, dove la stretta valle del Cedra della Colla finisce e oltre ci sono solo montagne e boschi.

Come dicevo prima le scelte sono sempre dettate da molteplici fattori, ma alla fine, quando si tratta di scegliere UNA opzione fra le molteplici, PERCHE’ si fa proprio QUELLA scelta?

Per AMORE.

E così è stato per me.

Perché amo questi luoghi e come capita nel vero amore, e non nell’innamoramento momentaneo e temporaneo, più ci vivo, più li conosco e più li amo.

Ma se il cuore può sostenerci nello slancio iniziale, nei PROGETTI è indispensabile che sia collegato alla … TESTA.

E quindi la scelta successiva al nostro trasferimento dalla città, di aprire un Bed and Breakfast non è stata solo di cuore: io e il mio sposo ( ci siamo solo noi a gestire totalmente il B&B ) abbiamo messo sul tavolo tutte le carte, abbiamo valutato i pro e i contro, abbiamo fatto “i conti della serva”, abbiamo fatto qualche ricerca, ci siamo confrontati con strutture già esistenti, abbiamo chiesto consiglio e indicazioni, ci siamo studiati le leggi… e poi ci “siamo buttati”.

Quando si comincia una nuova impresa è sempre un po’ una scommessa.

Quando si comincia una nuova impresa in determinati luoghi, come questo nostro splendido Appennino, la scommessa è un po’ più ardua.

Alcuni amici ancora mi dicono che “sono stata coraggiosa”.

Io non mi trovo particolarmente coraggiosa.

Come rimarcato in altra sede, avrei voluto farla prima questa scelta, perché ora vivo una serenità che non avevo, ogni giorno mi offre qualcosa di nuovo, un punto di vista “diverso” dagli stereotipi.

Il rapporto con la natura, il contesto che mi circonda, è un rapporto che mi dà completezza.

E’ difficile spiegarlo a parole, ma mi vedo non più come “io “ e “la natura”, ma come un tutt’uno. 

Svegliarsi al mattino, uscire all’aperto e provare una gioia intensa per ciò che vedo e sento, è un piccolo miracolo che si ripete ogni giorno. Non è poco.

Anche i rapporti con le persone sono soggetti ad un’altra prospettiva rispetto a quella cui ero abituata.

La gente di montagna è tendenzialmente chiusa, diffidente, ma vivendo nello stesso contesto, entrando a far parte di una comunità la diffidenza si stempera in uno “spirito di comunità” che si avverte concretamente.

Da un certo punto di vista per me è stato come tornare a una “semplicità” di rapporti e relazioni più diretta, meno “schermata”, meno “mascherata”.

 

MA…

Vivere in Appennino NON è facile. Viverci sempre, tutti i giorni dell’anno, NON è semplice.

La montagna è splendida, ma anche dura.

Io, come ho detto, mi divido fra la vera montagna (Valditacca) e la dolce collina (Stadirano).

E’ quasi solo da osservatrice, ( anche se partecipe, perché mi sento veramente parte di una comunità) che vivo le difficoltà di chi vive solamente IN montagna e solamente DELLA della montagna, cioè di ciò che offre .

E sono dunque quasi solo osservatrice dei problemi della scuola dei figli, dei problemi di salute (il primo ospedale è a Langhirano o a Castelnuovo Monti), dei problemi del lavoro, che non c’è o non basta a vivere, dei problemi di leggi nate per le città, magari grandi città e non per realtà “diverse” come è quella delle comunità di montagna…

Io posso solo parlare della mia limitata esperienza e non posso che ribadire la sua positività.

Ma credo, credo veramente, che la nostra montagna possa dare molto di più, possa essere “sfruttata” (perdonatemi il termine, ma intendo “sfruttare” in senso positivo, nel senso di utilizzare al meglio le sue risorse) molto di più.

Possa essere VISSUTA molto di più.

Perché questo accada non bastano le poche persone che “si ostinano” nonostante tutto a viverci.

La “montagna” fa parte di un territorio molto più vasto. Non possiamo accorgerci dell’Appennino solo quando “frana a valle”…



Valentina Biasetti, camminatrice indipendente

 

E’ DENTRO DI NOI CHE I PAESAGGI HANNO PAESAGGIO

Nella nota in fondo, al mio Curriculum Vitate scrivo:

Valentina Biasetti nata a Parma il ventuno marzo millenovecentosettantanove, per ora vive e lavora nella campagna di Casatico di Torrechiara.

Solitamente, per chi intende intraprendere un mestiere che ha a che fare con l’arte e i suoi derivati le mete principali sono quasi sempre le grandi città, Milano, Torino, Bologna ecc. ecc. e più di una volta qualche gallerista mi ha chiesto:

“ Ma in campagna cosa ci stai a fare che non dipingi neanche paesaggi??”

Premetto che un opera comincia la sua esistenza molto prima della sua reale visibilità.

Per quanto mi riguarda vivere in una grande città sarebbe una condizione di sopravvivenza, qui le giornate sembrano infinite e minime, ogni parola ha conseguenza e ogni silenzio anche; questa atmosfera sospesa è quello che disegno e che rappresento.

Sono convinta che l’arte sia una possibilità per indagare sul mondo che ci circonda in modo soggettivo, l’artista sa cogliere e raccogliere piccoli tesori che ai più passano inosservati, e li traduce in un alfabeto decifrabile, in un qualche modo, dalla collettività.

Per quanto mi riguarda non amo l’attribuzione dell’ aggettivo artistico, preferisco considerarmi una Camminatrice Indipendente proprio perché il mio processo creativo parte da questo, la mattina presto o il pomeriggio, prima che cali il sole, esco per una camminata lungo queste strade. Ogni giorno, con occhi nuovi, consapevole che ciò che è stato visto, quando viene rivisto è fonte di nuove apparizioni. Le trasformazioni cromatiche che quotidianamente la natura “mi impara” sono continua fonte di ispirazione e trasformazione
del mio lavoro.

A tutto questo deve appartenere una consapevolezza ulteriore, che è quella legata alla comunicazione e alla divulgazione del mio lavoro: oggi come oggi con le possibilità infinite che la tecnologia ci ha attribuito posso permettermi di restare in stretto contatto con le realtà dei grandi centri urbani, delle amicizie, attraverso internet. Questo è un elemento fondamentale soprattutto per chi è giovane e ha ancora un approccio lavorativo in via di sviluppo, come tutti sappiamo la rete ha un grosso potenziale che deve essere sfruttato non come approccio sedentario mentale ma come stimolo di viaggio perpetuo.

Valentina Biasetti nata a Parma il ventuno marzo millenovecentosettantanove, per ora vive e lavora nella campagna di Casatico di Torrechiara.


Maria Carla Magnani, Vicepresidente Coop 100 Laghi Società Cooperativa di Comunità

Nell’agosto del 2010, durante un’assemblea di paese,  nasceva a Corniglio l’associazione “Comitato pro-Valparma”,  contro la costruzione di una centrale a biomasse, fortemente voluta dall’amministrazione comunale di allora. La Centrale avrebbe deturpato il territorio “alto”, a due passi da uno dei crinali più belli di tutto l’Appennino e dal Parco Nazionale Tosco-Emiliano.  La stessa sera venivamo elette io Magnani Maria Carla Presidente e  Graiani Roberta Vice. In pochissimi giorni si raccolgono 1420 firme. Allora ero anche unica consigliera di minoranza del Comune di Corniglio. Dopo mesi di battaglie - durante il quale organizzivamo anche il Festival-mente, 5 giorni intensi con filmati sul consumo del territorio, concorso  fotografico e di pittura sulla natura, incontri e dibattiti e il viaggio attraverso tutta la Valparma,  dell’ auto senza pilota del Vislab dell’Università di Parma - l’inceneritore non si fa più. Vinta la battaglia però cosa fare con il nostro  Comitato?  Da una costola ecco  nascere  la Coop 100laghi, cooperativa di comunità, 11 soci fondatori e 3 soli uomini. La cooperativa da allora è in crescendo, sono aumentati i soci e anche i settori dove operare, senza però perdere l’obiettivo principale che è dare lavoro alla montagna per far rimanere in loco le persone onde evitarne lo spopolamento. Ad oggi siamo presenti nelle biblioteche di 6 comuni di montagna e non, in ben 3 centri diurni per anziani con Pet therapy e musicoterapia, gestiamo due ostelli uno a Corniglio e uno a Riana nel comune di Monchio delle Corti, gestiamo ludoteche e centri estivi e dal 2014 si è aggiunto il tema con l’ingresso in Cooperativa di due “Donne di Torrechiara”. Si potrebbe dire – “chi si somiglia si piglia”, in realtà tutti insieme riconosciamo che il Turismo di Comunità può essere la risposta al mantenimento di agricoltura e servizi in Appennino e alla creazione di posti di lavoro, unico vero antidoto allo spopolamento della montagna.

La Coop100Laghi resta una impresa femminile e accoglie anche altri soci giovani e qualificati per offrire servizi innovativi alla comunità: gestione di siti web e di una sorta di “segreteria organizzativa” per tutte le imprese di accoglienza con l’obiettivo di portare molti più turisti anche internazionali, soprattutto adesso che il nostro territorio è diventato parte della grande Riserva MAB UNESCO dell’Appennino Tosco Emiliano.

Stiamo facendo tante cose insieme a tante persone e imprese unite nella RETE Appennino, stiamo  cercando di bruciare le tappe per colmare il ritardo, ma è chiaro che solo con una grande alleanza che coinvolga anche gli Enti Locali gli abitanti potranno ottenere risultati capaci di dare un futuro migliore alla montagna.


 

Paola Berini, tessitrice e musicista

Il filo delle due lune

Il filo che unisce i tasselli della nostra storia e' il filo di canapa che la bisnonna Carmela ha

seminato , la nonna Giovanna ha raccolto, cardato e filato ed ora io e mia madre Maria ,

tessiamo; a Vairo, piccola frazione del comune di Palanzano, luogo di confine tra i monti e il

mare, sul crinale dell' Appennino Tosco Emiliano.

Siamo tessitrici, cosi come lo sono state tutte le donne della famiglia materna. La nonna Giovanna, mi raccontava di quando si seminava la canapa in primavera, la si raccoglieva ad agosto dopo la macerazione che durava due lune, infine la si filava.

Si tesseva durante l'anno , specialmente la sera, dopo una giornata di lavoro domestico enei campi.

Tele preziose, tessute per la vita, per la sopravvivenza.

Qui a Torrechiara , in occasione degli Stati Generali delle Donne Regione Appennino, presentiamo il nostro lavoro: trame e orditi che riprendono le antiche note: vere e proprie mappe criptate per creare tessuti.

Queste note sono illustrate nell'articolo di Michele Berini in "Modelli di tessitura nell'alta Val d'Enza " tratto dall'annuario Le Valli dei Cavalieri (n 21, anno 2004 , Rassegna di storia e vita dell alta Val d'Enza e della Cedra).

I nostri manufatti, sono oggi realizzati soprattutto per essere indossati, realizzati con particolare attenzione ai filati , ai colori e ai modelli .

Rappresentano una sintesi di cultura arcaica, tradizione e creativita'.

Tessere per noi e' prima di tutto un piacere, ma anche un modo per restare legate alla nostra terra e alla nostra memoria.

Il nostro Appennino è entrato a pieno diritto nelle riserve ‘Uomo e Biosfera’ MaB UNESCO e anche per questo e' piu vicino il sogno di poter dar vita a una rete di iniziative importanti attorno alla tessitura che coinvolgeranno diversi soggetti e Associazioni della nostra provincia.

A Parma , presso l'Istituto comprensivo Sanvitale Fra Salimbene, con la docente Paola Ghirardi, stiamo portando avanti un bellissimo progetto: un laboratorio permanente di tessitura che coinvolge gli alunni della scuola elementare e media.

A Vairo , grazie al prezioso aiuto di Enzo Capacchi, falegname del paese , stiamo restaurando un antico telaio che presto tornera' a "cantare" (come si diceva una volta ) per tutti coloro che vorranno tessere la propria tela e riprendere cosi' in mano il filo delle due lune.



Sara Righi, artista

LA SCELTA

Ho scelto di vivere in collina. Per varie ragioni, ma la più importante non sono sicura di poterla condividere attraverso le parole. È stata una attrazione magnetica….non ho potuto farci nulla. Mi sembrava un posto scomodo..lontano…vengo dalla periferia e la mia vita era in città. Ma mi sono trasferita nel 2002 e non mi è mai pesata una volta la distanza.

Per un primo periodo mi sono ambientata, ho osservato e ascoltato ciò che avevo intorno, solo la natura, con le persone ho impiegato più tempo, mi sono calata nella profonda pace che avevo intorno e non mi sono ancora saziata di queste sensazioni.

In quel periodo ho iniziato a lavorare per un architetto americano e facevo sculture per le navi da crociera, la committenza non mi ha mai pesato, anzi mi piace se è nelle mie possibilità tecniche ed emotive.

Intanto crescevano altre riflessioni molto legate al posto in cui vivo…ho approfondito moltissimo il mio lavoro creativo e ho trovato alcuni elementi fondanti della mia ricerca personale.. non è semplice centrare con precisione e in profondità questi punti.

E sono nate tra le tante queste sculture..

Statuette sacrificali…piccole statuette femminili stilizzate in terra bianca, sepolte nella terra per diverse settimane , quando le tiro fuori sono macchiate di terra, segno di assorbimento di sostanza minerali, quelle che fanno vivere le piante ad esempio. Alla maniera degli etruschi che ponevano nei tumuli “statuetta sacrificali” volte ad accompagnare i defunti nella nuova vita

Una tappa fondamentale è arrivata con il progetto Atto d’amore, approfondimento sul senso della scultura nella mia vita. Attraverso la ripetizione consapevole di alcuni eventi che hanno caratterizzato la mia crescita. Ho fatto degli stampi sul mio corpo su cui ho disegnato o inciso elementi significativi, da trame di rami ad parti anatomiche.

LO SPLENDORE DI QUANDO TUTTO SI FERMA

Mi sono abbandonata allo scorrere del tempo, dove la natura ha regnato sovrana per lungo tempo, poi mi sono ritrovata cresciuta, in pace con me stessa e ho scoperto le persone, non ero sola con tutto il mio bagaglio emotivo di domande e sensazioni, eravamo in tanti è stato come un grosso sospiro di sollievo.

Da qui sono nate altre visioni L’ Appennino mi è sempre sembrato un posto difficile, con strade impervie e piene di curve, in realtà è anche questo, ma è anche incontro autentico, quassù si rifugiano animali e persone splendidi e la natura ci mostra tutti i giorni come va rispettata e contemplata nella nostra vita.


 

 

Silvana Piazza

Associazione Culturale Ermo Colle

La filosofia che anima da sempre L’Associazione Culturale Ermo Colle è la divulgazione delle arti, del teatro, della danza, e della musica, in luoghi di interesse storico e  naturalistico spesso non deputati ad ospitare il teatro e la poesia, ma riscoperti per il  pubblico. 

Per raggiungere questi obiettivi organizza dal 2002 il Palio Poetico-Musicale Ermo Colle e laboratori di teatro-educazione nelle scuole.

Ermo Colle è una vera e propria disfida fra compagnie  teatrali. Ad Ermo Colle i linguaggi si incontrano, dialogano, giocano, si sfidano, davanti ad un pubblico e a critici che si fanno giuria assegnando il Premio del Pubblico e il Premio della Critica. 

Conoscere e costruire sui luoghi e sulle ricchezze che questi offrono: paesaggio, cultura, arte. 

Ermo Colle è il luogo anche della condivisione, del confronto e della partecipazione di tutta una  comunità che da tempo segue, questo evento che si raccoglie nel grembo e ai piedi dell’Appennino: nelle piazze, nelle corti, nelle pievi, nei castelli come in riva ai laghi dei nostri Parchi.                

Molti sono i temi con i quali in questi anni abbiamo chiesto agli artisti che partecipano ad Ermo Colle di confrontarsi:                                                

La Tentazione di misurare le arti con tanti luoghi della natura e dell’uomo, ma anche la tentazione del cibo, degli antichi sapori delle nostre terre.                                                                          

La Sensazione che scaturisce dall’unione impensabile di quell’evento artistico in quel luogo Abbiamo invitato gli artisti a trarre qualcosa nel proprio orizzonte  entrando in un vero e proprio paesaggio della’anima. perché come afferma Remo Bodei “Tutti i luoghi pongono l’individuo che li contempla in solitudine dinnanzi a spettacoli maestosi e solenni lo costringono a rivelare indirettamente qualcosa di se stesso a porsi domande sulla propria esistenza nel mondo” giungendo alla Contemplazione come atto supremo di riscoperta della vera Natura dell’Arte.                          

E poi Partire, Attraversare, Tramandare. Mettersi in viaggio, sostare, fermarsi, ripartire  per poi ritornare.. come un migrante, come un pellegrino, come un viaggiatore, come un esploratore ma anche come un poeta e trasmettere, consegnare, a volte anche restituire e dunque ricordare.

"Le mie poesie.... Le scrivo, le dimentico o smarrisco! Tornano, / allora le cambio - anche se non cambiano il mondo / cambiano me.... A volte non siamo d'accordo. Sono il mio lascito... ma chi sono gli eredi?" (Nina Cassian)

E poi è il verso del poeta Mario Luzi “Dove mi porti mia arte?” a guidarci. Poeti, scrittori, musicisti, artisti che cosa lasciano al mondo? Qual è il valore del lavoro artistico e del patrimonio che questo genera e sedimenta all'interno del territorio, delle relazioni e del tessuto economico- sociale?                                                                                                                                          

Ermo Colle ribadisce la propria ricerca, mettendosi in cammino attraverso luoghi, persone, parole, voci, domande.

E come afferma il poeta Thomas Eliot “Non finiremo mai di cercare/ e la fine della nostra ricerca/sarà l’arrivare al punto da cui siamo partiti/e conoscere quel luogo per la prima volta.”



Desolina Ghirardi

Museo Uomo e Ambiente di Bazzano PR

 

 I miei percorsi

donna - moglie - madre - nonna

donna - insegnante per 40 anni

donna - responsabile di un museo etnografico da 12 anni

 Percorso = apprendere, mettersi in discussione, crescere, rapportarsi, mettere in

comune e a disposizione degli altri

 Io e il Museo: una storia nata da un bisogno personale di ricerca di identità e

conoscenza, spaziale e temporale, del territorio, sfociata poi nella consapevolezza di

quanto poteva essere importante per i miei alunni andare alla scoperta di aspetti

autentici del loro paese, ritrovarne le radici e riappropriarsene. Dunque io - i bambini - i

colleghi - il paese

 Da lì poi la necessità di fondare un gruppo Culturale e dare vita al Museo Uomo

Ambiente, non un museo della memoria ma di un'identità nuova che si andava

costituendo nell'ottica di un futuro 'consapevole'

 Mission del Museo "...il Museo vuol trasmettere non solo conoscenze ma anche

emozioni ed esperienze: per riuscire in questo obiettivo è necessario che vi sia

interazione tra l'esposizione e il visitatore. Chi entra nel Museo, sia esso bambino o

adulto, ha la possibilità di crearsi la propria narrazione attraverso il rapporto

interattivo con ciò che vede, tocca, usa, assapora, ascolta..."

 Il discorso di fondo è: conoscere, conoscersi e far conoscere per sentirsi parte, avere

cura e alla fine maturare la cittadinanza attiva


Emily Mazzali,  Azienda Agricola Mazzali

Urzano – Frazione di Neviano degli Arduini PRLe richieste dell’Appennino 

Mi chiamo Emily Mazzali, la mia azienda è nata quattro anni fa nell’Appennino parmense e io, donna di 31 anni, non ho avuto accesso al finanziamento insediamento giovani perché è mancato l’appoggio di chi avrebbe dovuto sapermi consigliare, indirizzare e seguire.

Sono diverse le piccole aziende nel territorio che hanno volontà e iniziativa, ma incontrano difficoltà  nel trovare il contesto in cui poter valorizzare i propri prodotti; credo che ci sia una grande risorsa nel nostro Appennino, le persone hanno voglia di fare, ma sono bloccate da innumerevoli ostacoli.

Negli ultimi mesi sono entrata a far parte di qualcosa di nuovo che si chiama RETE Appennino Parma Est e NON è un ente, ma un modo di cooperare dal basso che intende raggruppare persone, imprese, istituzioni per AGIRE con un’unica priorità: la conservazione del lavoro che già c’è e la creazione di nuovi posti per bloccare lo spopolamento della montagna che spesso si traduce in grave dissesto idrogeologico.

Nata da un progetto partecipativo, la RETE Appennino Parma Est  vuole affermare che “Nessuno conosce i problemi meglio di chi li vive” e spesso questo vale anche per le soluzioni.

L’Appennino è un territorio che ha molto da offrire, dove per entrare in un parco si passa attraverso un caseificio, perché le produzioni tipiche hanno dimostrato di essere  sostenibili.  Un territorio di luoghi abitati fin dall’antichità, lungo quelle vie alte che una volta erano le più percorse, dove innumerevoli sono le testimonianze lasciate dalle precedenti generazioni.   Con un Tam Tam di tante persone, si è data la vita a una rete di piccole imprese di accoglienza turistica, di produzioni agroalimentari e di servizi e ci si è inventati il  Mercato del Contado di Torrechiara per dare valore alle piccole produzioni della campagna e della montagna. E’stata fatta ora, online, una piattaforma web che si è voluta impostare  come strumento di comunicazione per gli abitanti e sarà scritta da una grande “redazione diffusa” formata dagli stessi residenti. Il racconto del territorio sarà il mezzo attraverso cui suggerire un nuovo modo di viverlo appieno, anche per turisti e viaggiatori, portando nuova energia  per la formazione giovanile, professionale e di apprendimento permanente. 

Dal basso stiamo facendo la nostra parte, però abbiamo bisogno che dall’alto si faccia quanto necessario per  lasciarci nelle condizioni  di poter operare. Le aree svantaggiate devono essere  aiutate e non smantellate, la fiscalità deve cambiare, i grandi fornitori di reti  come Enel, Poste Italiane, Telecom - o chi per essi - dovranno garantire e migliorare i loro servizi perché i SERVIZI  vanno visti come veri e propri presidi contro l’abbandono. L’Appennino non vuole assistenza, vuole essere messo in grado di lavorare. 

Io stessa vivo, oggi, la speranza che la Rete possa concretamente essere un aiuto per muovere questa economia locale, un punto di riferimento per sveltire e risolvere pratiche burocratiche, per avere informazioni, sostegno e valorizzazione.

Per questo si è già pensata una soluzione: la Cooperativa 100 Laghi è una Cooperativa di Comunità, un’impresa femminile nata nelle nostre montagne nel 2011 e ora è coinvolta nello sviluppo della RETE come “segreteria organizzativa”. Presto aprirà in Piazza a Torrechiara il primo “Punto Servizi AssaporAppennino”, cioè un luogo attrezzato per offrire assistenza sia ai residenti che ai turisti, dove sviluppare la ricerca di soluzioni innovative basate sulla conoscenza diretta dei problemi che vive il territorio e che al momento sembrano peggiorare invece di migliorare. 

Insieme a loro noi, piccoli produttori  delle Reti solidali,  partecipiamo al Mercato del Contado ogni prima Domenica del mese e ad altre iniziative di valorizzazione già programmate per tutto il 2015. C’è una gestione unitaria della comunicazione per promuovere l’Appennino nel suo insieme e far arrivare più visitatori e turisti. 

Attraverso le competenze presenti nella Coop100Laghi e insieme agli  Enti Locali, il territorio può finalmente presentare candidature a finanziamenti pubblici anche importanti come quelli regionali ed europei che è necessario fare in modo che possano aiutare in modo più incisivo i territori svantaggiati.


 

Comitato Salviamo le Cicogne di montagna

Comitato Salviamo le Cicogne è nato davanti ad un caffè, nel bel mezzo di una giornata piovosa, nel bel mezzo del nostro amato Appennino Reggiano, in un incontro tra una manciata di donne con in comune la stessa identica preoccupazione: salvaguardare i servizi della montagna e, nel particolare, salvare dalla ventilata chiusura il punto nascite dell’Ospedale Sant’Anna di Castelnovo ne’ Monti.

Inizia tutto in Aprile del 2015, da un paio di amiche che si ritrovano e che hanno appena letto un articolo su un quotidiano on-line che parla di un argomento piuttosto preoccupante: la chiusura del punto nascita dell’ospedale di Castelnovo ne’ Monti, da anni sventata, sembra ora essere quasi certa. Si legge di una delibera regionale del 2010, conseguenza del Patto Stato- Regioni, in cui si impone la chiusura ai punti nascite con meno di 500 parti all’anno. Questo, però, sarebbe un grave disagio alla popolazione montana, dal momento che ci sono zone del comprensorio che distano da Reggio Emilia fino a    km, fino ad arrivare anche ad un viaggio di due ore di macchina. Se si pensa ad una donna in travaglio che deve affrontare un viaggio di quel tipo, magari di notte, magari con la neve o il ghiaccio, su strade di montagna quindi non esattamente scorrevoli, non si può non considerarla una perdita piuttosto ingente. Nell’articolo si legge che sarebbe questione di sicurezza: i professionisti che lavorano per queste piccole strutture avrebbero meno competenze di professionisti che hanno a disposizione una più ampia casistica di parti. Allo stesso tempo, però, si scopre che da circa un paio di anni l’Ospedale Sant’Anna è in integrazione con l’Ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, ed i ginecologi presenti nel punto nascite di Castelnovo turnano in entrambe le strutture e hanno oltretutto in comune lo stesso primario, il dottor Ghirardini. Vista quella che per loro è una colossale ingiustizia, forse frutto semplicemente di una mera questione di risparmio e tagli alla sanità, decidono di rendere nota ai più la notizia aprendo una pagina Facebook. 

E’ qui che la manciata di donne (e uomini, in seguito) si ritrova, si conosce, comprende di avere la stessa ferma volontà. Ed è cosi che il comitato prende forma, ed è cosi che comincia il suo impegno di lotta e di sensibilizzazione della cittadinanza del comprensorio montano, iniziando inoltre a studiare a fondo la questione.

A metà Maggio del 2015 comincia una raccolta firme serratissima, con componenti del comitato presenti con i banchetti a tutti i mercati e le fiere del comprensorio montano, con il porta a porta, con i moduli distribuiti a tantissimi commercianti che si rendono disponibili. In breve tempo le firme aumentano a dismisura, in poche settimane sono già a tremila. Attualmente la raccolta firme continua imperterrita e raggiunge (solo a livello cartaceo, non contando la petizione on line che è nata poco tempo dopo sempre organizzata dal Comitato) all’incirca le 9000 firme. Un ottimo risultato, si pensa, data la popolazione della montagna non esattamente numerosa e spesso e volentieri anche difficile da raggiungere. 

Ma il Comitato non si limita a questo: continua ad informarsi e captare informazioni, andando ad incontri pubblici e leggendo articoli e dispense; proprio in uno di questi incontri pubblici la direttrice sanitaria di Castelnovo ne’ Monti, Sonia Gualtieri, dichiara che il reparto di Ostetricia e Ginecologia è totalmente sicuro, cosa che poi ribadirà anche il direttore sanitario del distretto di Reggio Emilia Fausto Nicolini poco tempo dopo in un intervista a Telereggio, in cui ricorda il suo impegno nell’integrazione tra i due reparti di Reggio Emilia e Castelnovo per garantire la più totale sicurezza al punto nascite del Sant’Anna, integrazione che è stata da lui anche portata a Roma come modello per sventare un’eventuale chiusura. 

Forte quindi delle sue motivazioni, il Comitato continua ad informare le persone tramite la pagina Facebook ‘Salviamo le Cicogne di Montagna’, tramite giornali e televisioni, e cerca di spronare in primis le autorità locali con una proposta che risale a fine Maggio, in cui si chiede che le amministrazioni locali si espongano contrariamente alla chiusura del punto nascita. E’ grazie alla loro proposta e a quella di Confcooperative - di cui il direttore Giovanni Teneggi prese posizione per la causa fin da subito- che, a fine Giugno,  si ottiene il documento unitario delle amministrazioni locali, firmatari tutti i sindaci dell’ Unione dei Comuni, che esprime la più totale contrarietà alla chiusura del punto nascite; il documento viene poi sottoposto alla Regione Emilia Romagna che dovrà decidere in tal senso.

Il comitato continua la sua opera di sensibilizzazione, anche contattando vari Consiglieri Regionali che si stanno impegnando e si impegneranno affinché il reparto venga mantenuto nella sua completezza. Vengono presentate diverse interpellanze dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega Nord regionale, in difesa totale del reparto, ma che vengono bocciate dall’assemblea: l’assessore dichiara che non sarà la regione stessa a decidere per i singoli punti nascita, ma che emetterà le linee guida per poi dare la capacità decisionale agli enti dei singoli territori. A fine giugno in Assemblea Regionale viene votata all’unanimità dei consiglieri la risoluzione di cui il primo firmatario è il Consigliere Yuri Torri di Sel e condivisa da tutti i gruppi politici: si specifica che nella stesura delle linee guida sopracitate la Giunta Regionale dovrà tenere conto delle zone disagiate, quali le zone montane, e che sarà data l’opportunità di decidere agli enti locali. 

A settembre 2015 il comitato forma un progetto ambizioso: un incontro pubblico tra consiglieri regionali e parlamentari originari della provincia di Reggio Emilia, che si pensa possano essere maggiormente sensibili alla causa conoscendo la zona, con la cittadinanza del comprensorio montano per un confronto diretto. In più, il comitato invita l’Assessore Venturi e il presidente della Regione Bonaccini, ma invano: i Consiglieri presenti all’incontro, che vede una sala consigliare di Castelnovo ne’ Monti (gentilmente concessa dal sindaco Bini) ospitante un folto pubblico, sono cinque: Gabriele Delmonte della Lega Nord, Yuri Torri di Sel, Silvia Prodi e Roberta Mori del Pd, Gianluca Sassi del M5S. In questa occasione i Consiglieri tranquillizzano la popolazione presente: espongono il loro più totale impegno a mantenere intatto il servizio, dichiarano fermamente che non è questione di costi, che il Mire (la struttura in costruzione a fianco dell’Ospedale Santa Maria Nuova che ospiterà le partorienti, una sorta di grande punto nascita, in cui sono già stati spesi 14 milioni di euro e in cui ne andranno almeno altri 11 milioni) non sarà l’antagonista dei piccoli centri ma che, al contrario, aiuterà gli stessi a gestire le casistiche problematiche e le emergenze, che non sono assolutamente a rischio chiusura altri reparti del piccolo ma indispensabile presidio, e neppure l’intero ospedale. Sembrano, insomma, essere stati coerenti con la risoluzione votata da tutte le fazioni a fine giugno. Tra il pubblico, l’ex Presidente della Provincia Sonia Masini che infine si produce in un intervento in cui ringrazia il Comitato e i Consiglieri presenti ma che evidenzia come i soldi (e qui, inspiegabilmente, si torna a parlare di costi) siano difficili da trovare, come i tagli alla sanità arriveranno per forza di cose, e c


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